Gli
anni della grande esposizione artistica
dell’ Informale sono distanti, eppure di
quel fermento che aprì grandi “autostrade
di comunicazioni culturali” fra l’ Europa
e l’ America non ci restano soltanto le
opere depositate nei musei, ma tutto un
metodo di lavoro creativo, al momento accantonato,
che conserva con intensità quella germinale
freschezza, tutta da riscoprire, che sensibilizzò
una vasta parte della vita artistica tra
il 1950 e il 1960 e che scelse Roma come
punto di attrazione internazionale e di
incontro. Le opere di Burri,
D’
Orazio,
Morlotti, Vedova e altri si alternavano
nelle gallerie “La Tartaruga” e “La Salita”;
le lunari apparizioni di Turcato, le eleganti
superfici di Afro, hanno lasciato un discorso
poetico ricco di suggerimenti e suggestioni
formali, di spazi da riempire, di forme
da modificare: eredità strettamente legata
alla grande avventura artistica dell’ Informale.
Essenzialmente di questo abbiamo parlato
con Enzo Pulejo che lavora da molti anni
attraverso la concezione estetica dell’
Informale
con la consapevolezza di chi crede profondamente
nella sua scelta. E non deve essere comodo,
in un periodo di novecentismo come quello
che stiamo attraversando (1983) sentendo
dentro di sé come modelli le opere di Hartung,
Marini, Moore (come egli ha detto). Ma Enzo
Pulejo è pugliese e a chi conosce un po’
i caratteri dell’ Italia non sarà difficile
intuire quali capacità di resistenza e di
perseveranza riescono a sostenere gli uomini
che lottano tra mille difficoltà. Emilio
Villa avrebbe così definito poeticamente
questo lavoro: “ La rissa dell’arido e dello
splendido”.
Roma,
novembre 1983. Franco
Angeli
(Artista e Pittore romano della Pop-Art Italiana)
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